HATHA YOGA

Il mito narra che la pratica dello Yoga sia nata dal Dio Shiva. La storia racconta che vicino alla riva di un fiume, il Dio Shiva insegnava alla moglie Parvati i segreti delle pratiche del Hatha Yoga. La moglie poco interessata all’argomento e annoiata, si addormenta e Shiva si irrita, ma la sua ira cessa non appena si accorge che qualcun altro aveva seguito con attenzione i suoi insegnamenti: era un pesciolino che nascosto tra le rocce del fiume ascoltava con grande interesse. Il Dio Shiva decide allora di trasformarlo in un essere umano, dandogli il nome Matsyendra, il Signore dei Pesci. Con questa trasformazione il pesce divenne yogin, Matsyendra diventò il Guru, “il maestro” del Hatha Yoga, colui che apprese la disciplina del Hatha yoga direttamente dalle labbra di Shiva. 

Patanjali nel suo testo Yoga Sutra non spiega come svolgere attivamente la pratica dello Yoga, per cui Swatmarama, vissuto circa nel XV secolo, decise di comporre un manuale pratico: l’Hatha Yoga Pradipika, in cui raccolse tutte le pratiche yogiche trattate fino a quel momento in testi sconosciuti, o oralmente. In tal senso l’Hatha Yoga è la parte descrittiva delle pratiche del Raja Yoga.

Sono tre i testi rilevanti dell’Hatha Yoga, Gheranda Samhita, Shiva Samhita e Hatha Yoga Pradipika; quest’ultimo è il più importante dei tre, definito anche come “la lanterna dello Yoga”.

L’Hatha Yoga Pradipika è utile a tutti i praticanti di Yoga per capire che l’Hatha Yoga non è solo una pratica fisica, come spesso viene presentata, ma una scienza integrata che porta verso lo sviluppo spirituale.

Il testo contiene vari Sloka, versi che parlano di argomenti diversi, divisi in 5 o più capitoli:

  • Libro I: Asana, regole di comportamento e osservanze (Yama e Niyama), luogo della pratica, alimentazione;
  • Libro II: Pranayama, il controllo e la ritenzione del respiro; Shatkarmas, le pratiche di purificazione interna (Krya);
  • Libro III: Mudra, Bandha, Nadi e il risveglio della Kundalini;
  • Libro IV: Pratyahara, la ritrazione dei sensi; Dharana, la concentrazione; Dhyana, la meditazione; Samadhi, l’estasi.
  • Libro V: Terapia e danni causati da una cattiva pratica dello Yoga.

Per comprendere a fondo il significato della parola Hatha Yoga è necessario analizzare la sua traduzione dal sanscrito. Per quanto riguarda la parola Yoga ormai non dovrebbero più esserci dubbi sul suo significato: essa deriva dalla radice -yuj che significa “unire” o “soggiogare”, e si riferisce all’unione del corpo con la mente e lo spirito. La parola Hatha, invece, ha un duplice significato: in primo luogo significa “sforzo” e si riferisce allo sforzo mentale e fisico necessari per praticare Yoga; in secondo luogo Ha significa “sole” ed è riferito all’energia maschile, che sfocia nel canale energetico destro del nostro corpo e che viene anche chiamata Pingala, mentre Tha significa “luna”, ed è riferito all’energia femminile, all’energia che sfocia nel canale energetico sinistro del corpo e viene chiamata Ida. La parola Hatha, quindi, rappresenta lo sforzo e anche l’armonia e l’equilibrio fra le due polarità, le energie opposte, che con la pratica si cerca di riunire. Quindi potremmo dire che la pratica dell’Hatha Yoga ha come obiettivo quello di mantenere in equilibrio e in armonia queste due polarità e che per farlo richiede uno sforzo fisico e mentale.

Ma non è finita qui! Esiste infatti un livello superiore, una tappa evolutiva più elevata dello Yoga, quella che, secondo gli Yogasutra di Patanjali, dovrebbe portarci al fine ultimo dello Yoga, il Samadhila “beatitudine”, lo stato in cui si raggiunge l’annullamento dell’ego, le dualità diventano una cosa sola, le afflizioni mentali vengono fatte tacere, e la mente si acquieta. Lo scopo più elevato dell’Hatha yoga è quello di “eliminare gli ostacoli fisici” per preparare corpo e mente al cammino verso il Samadhi

La pratica delle asana ha lo scopo di sciogliere le tensioni nel corpo e purificare i canali energetici, permettendo al Prana, l’energia vitale, di scorrere liberamente. Oltre a questo, le pratiche del controllo del respiro o di assorbimento dell’energia vitale (pranayama), permettono di calmare la mente.

Le lezioni di Hatha Yoga hanno un ritmo lento e dolce, lo sforzo fisico è ridotto ma costante e per questo sono adatte a tutti. Questo tipo di lezioni agisce positivamente sul sistema nervoso, riducendo lo stress, l’ansia e quindi la rigidità muscolare, le tensioni e l’insonnia; tutto ciò grazie all’aumento della propriocezione e a un maggiore ascolto del respiro.

L’Hatha Yoga riossigena il corpo, migliorandone la funzionalità, ne aumenta la flessibilità e la vitalità, migliora la concentrazione e la qualità del respiro, insegnando a gestire lo stress, le emozioni e il controllo di sé.

(Fonti wikipedia, Yoga&Ride, Yogitalia)

RILASSAMENTI GUIDATI CON VISUALIZZAZIONI o YOGA NIDRA

Quando pensiamo troppo, o non pensiamo affatto, accumuliamo tensioni.
Quando lavoriamo troppo, o quando non lavoriamo per niente, accumuliamo tensioni.
Quando dormiamo troppo, o non dormiamo affatto, accumuliamo tensioni.
Queste tensioni si ammassano nei diversi strati della personalità.
Sappiamo che se la mente è tesa anche lo stomaco sarà teso e se lo stomaco è teso tutto il sistema circolatorio sarà a sua volta teso.
Si crea un circolo vizioso dove le tensioni si accumulano nei sistemi muscolari, emozionali e mentali.

Swami Satyananda Saraswati

Correva l’anno 1940, e il famoso maestro, ispirandosi a tecniche di origine tantrica, osservò che, durante lo stato che precede il sonno, la mente diventa particolarmente ricettiva e che, compiendo una sorta di percorso guidato, è possibile raggiungere questo stato lavorando progressivamente su una serie di fattori.

La parola “Nidra” deriva dal sanscrito, e significa “sonno”, ma non il sonno come lo intendiamo comunemente.

Quando parliamo di Yoga Nidra il sonno è considerato come una condizione mentale, qundi cosciente, in qualche modo “attiva”, e non come uno stato di totale incoscienza, tipico di quando dormiamo.

Per capire meglio questo concetto,  immagina la sensazione di “semi-coscienza” che provi qualche istante prima di addormentarti.

Secondo gli studi compiuti, attraverso lo Yoga Nidra è possibile indurre questo particolare stato di “sonno”, nel quale il corpo e la mente sono in grado di rilassare le tensioni e favorire alcuni aspetti cerebrali, come la creatività, il problem solving, la diminuzione dello stress e l’aumento del rilassamento.

Nota bene: ho detto studi compiuti… e non insegnamenti tradizionali.

Perchè, se è vero che la maggior parte delle tecniche dello yoga si basa sul concetto di Prana, e quindi di energia, che non è misurabile scientificamente, quando parliamo di Yoga Nidra la cosa cambia, in quanto questa tecnica agisce su quella che potremmo definire l’energia del cervello… ovvero gli impulsi elettrici.

Che sono misurabili:

Le onde cerebrali

L’attività elettrica cerebrale viene misurata con l’elettro encefalo gramma (EEG), e viene classificata in onde Betha, Alpha, Tetha e Deltha.

  • Betha
    Le onde Betha rappresentano la capacità di elaborare coscientemente i pensieri.
    Nella vita quotidiana le onde Betha sono quelle che utilizziamo più spesso, corrispondono ad uno stato mentale vigile e attivo e quindi caratterizzano tutte le nostre attività da svegli.
  • Alpha
    Le onde Alpha sono associate al rilassamento e alla ricettività.
    Hanno la capacità di fare da ponte tra la mente conscia e quella inconscia e corrispondono a uno stato mentale calmo e tranquillo.
    Quando ci prendiamo il tempo per riflettere, meditare o “staccare da un’attività”, spesso entriamo in uno stato Alpha.
    Introspezioni intuitive, situazioni creative, ispirazione, motivazione e sogni ad occhi aperti caratterizzano le onde Alpha.
  • Tetha
    Le onde Thetha rappresentano la nostra creatività inconscia, l’ispirazione e la connessione spirituale. Quando rivolgiamo l’attenzione principalmente al sé interiore, possiamo “andare in onde Thetha”.
    Per riuscire a mantenere questo stato di coscienza, dobbiamo mantenere il corpo immobile.
    Solo in questo modo la mente non è distratta dalle percezioni sensoriali.
    (Ed è per questo motivo che, come ti spiegherò dopo, yoga nidra si fa sdraiandosi e rimanendo immobili.)
    Le onde cerebrali Theta contribuiscono ad una profonda pace interiore, alla creazione di una qualità migliore della vita, alla guarigione fisica ed emozionale, ed a trovare lo scopo e la qualità della vita.
  • Deltha
    Le onde Deltha caratterizzano il sonno profondo. Sono il livello più profondo del sonno senza sogni, quello in cui il  il corpo può completamente concentrarsi sulla guarigione e la crescita.

Utilizzando questa “opportunità di misurazione del cervello”, sono stati condotti degli esperimenti su gruppi di persone durante la pratica di Yoga Nidra, ed è stata “mappata” l’attività del cervello durante la pratica.

Inutile dire che i risultati sono stati sorprendenti.

L’obiettivo degli esperimenti era quello di dimostrare come, attraverso la pratica dello Yoga Nidra, fosse possibile indurre uno stato di sonno consapevole, e non incoscente come quello normale.

Per capire meglio questo concetto, ti propongo un esempio preso dal libro.

Yoga-Nidra-tracciati-EEG

Dai un occhiata all’immagine 1.
In questo caso la “mappatura del cervello” si riferisce ad una persona nella fase iniziale di Yoga Nidra, ed evidenzia un bilanciamento fra le onde associate allo stato di sonno (Alpha),  e quelle associate alla coscienza attiva (Beta), normalmente predominanti durante la vita normale.

Questo bilanciamento significa che la mente inizia a rilassarsi.

L’immagine 2 mostra invece la fase di rilassamento profondo indotta dalla pratica dello Yoga Nidra. Il tracciato ECG mostra una netta predominanza di onde di tipo Alpha, ma la presenza contemporanea di onde Thetha e Deltha.

Ed è’ in questo ultimo stato di “sonno cosciente” che la mente è in grado di rilassarsi profondamente e di rilasciare le tensioni.

Il percorso che si compie fra uno stadio e l’altro è favorito, durante la pratica di Yoga Nidra, da una sequenza di visualizzazioni, ognuna delle quali ha un suo scopo specifico.

I BENEFICI:

  • Maggior consapevolezza
  • Riduzione dell’ansia
  • Aumento della capacità di far fronte alle situazioni stressanti
  • Stabilizzazione della funzione cardiaca e respiratoria
  • Aumento della velocità dei riflessi
  • Aumento della capacità di concentrazione e di memoria
  • Maggiore livello di riposo e riposo più profondo
  • Maggior salute
  • Maggiore resistenza alle malattie
  • Riduzione dei livelli di pressione sanguigna
  • Migliore ossigenazione
  • Aumento del livello di energia e vitalità
  • Minor tempo di recupero dagli sforzi
  • Pensiero positivo
  • Resistenza alle cattive abitudini: fumo, alcol, pasti eccessivi, …
  • Riduzione dello stress
  • Maggior disponibilità a trattare con le persone
  • Incremento della capacità di riflessione
  • Maggiore coscienza di sè
  • Aumento della creatività
  • Previene insonnia e migliora la qualità del sonno

Cit.

Yoga Nidra si può utilizzare ogni volta che ti senti particolarmente stanco, stressato, o quando senti il bisogno di dover recuperare ore di sonno, ma anche solo per svuotare la mente e entrare in contatto con il tuo corpo e il tuo mondo interiore e meraviglioso che attende solo la tua attenzione.

Ti aspettiamo ai nostri incontri del martedì sera, sono gratuiti!!

PRANAYAMA

La vita inizia con un inspiro, e finisce con un espiro. E’ un dato di fatto, una legge universale che non fa distinzioni di sesso, età o colore della pelle.

Ed è proprio la convinzione che i nostri respiri siano in qualche modo contati, e che con quanti meno ne facciamo più a lungo viviamo, che ha dato origine alle tecniche respiratorie conosciute con il nome di pranayama.

Secondo uno dei più autorevoli testi di Hatha Yoga, gli Yoga Sutra di Patanjali, il pranayama costituisce uno degli otto anga, ovvero stadi o “membra” dello yoga.

In realtà con il termine Pranayama non si intendono solo le tecniche di respirazione utilizzate dallo yoga, ma il meccanismo attraverso il quale è possibile assorbire e controllare il prana, ovvero l’energia vitale, con lo scopo di rendere la mente stabile, forte, tranquilla e di poterne risvegliare le potenzialità latenti. (Che spesso nemmeno immaginiamo di possedere.)

 “Prana, infatti, significa energia, o soffio vitale che riempie l’universo.”

Secondo una visione mistica si tratta dell’energia vitale che scorre all’interno di ogni essere, e rappresenta quindi la nostra fonte di sostentamento.

La principale sorgente di prana è in assoluto l’aria che respiriamo, ma in realtà lo assorbiamo anche dai cibi e dalle bevande, ed è per questo che nello yoga viene attribuita una grande importanza all’igiene del naso e della lingua, ad una lenta masticazione e, ovviamente, ad una efficace respirazione.

Il prana infatti viene assorbito tramite le mucose del naso e dai recettori nervosi dell’apparato respiratorio, ma anche attraverso le terminazioni nervose della lingua e della gola.

La parola ayama vuol dire invece «estensione» o «espansione»;  la parola pranayama significa quindi «estensione o espansione della dimensione del prana».

Ovvero, un metodo per assorbire e indirizzare l’energia vitale nel corpo, rendere la mente stabile e raggiungere un livello superiore di coscienza.

Sempre secondo gli Yoga Sutra di Patanjali, il gradino che precede il pranayama è costituito dalla pratica delle asana, cioè le posizioni, che hanno lo scopo preparatorio di rendere il corpo agile, flessibile e rilassato, liberandolo da movimenti nervosi e tensioni muscolari.

Quando il corpo è «sotto controllo», è facile rivolgere l’attenzione al respiro, che funge da tramite tra la materialità del corpo e la spiritualità della mente, e questo ci permette, attraverso il pranayama, di raggiungere l’unione di questi due elementi, per poi passare al gradino successivo, ovvero la meditazione profonda, attraverso la ritrazione dei sensi.

Il pranayama è anche un metodo funzionale per prevenire e curare molti disturbi… tuttavia l’efficacia del pranayama come prevenzione è superiore all’efficacia terapeutica.

I benefici del pranayama sono, infatti, numerosissimi:

  • Facilita l’eliminazione delle tossine.
  • Migliora la circolazione sanguigna e linfatica.
  • Ottimizza l’azione filtrante dei reni.
  • Tonifica il sistema nervoso.
  • Agisce positivamente sulla memoria.
  • Aiuta la digestione.
  • Libera da pensieri negativi e dalle paure che immobilizzano l’intento.
  • Purifica le nadi. (I canali energetici del corpo)
  • Stimola la milza.
  • Equilibra il sistema ghiandolare.
  • Rinforza il sistema immunitario.

Perché il Pranayama funziona?

Numerosi esperimenti dimostrano come durante la pratica del pranayama le funzioni vitali vengano ridotte al minimo, come il cuore pompi sangue più lentamente e si riposi (ad eccezione di alcune pratiche), e la mente si rilassi in quanto soggetta ad un carico di lavoro minore.

Va da sé che, se il corpo è rilassato, la mente non ha bisogno di spendere energie per mandare impulsi di contrazione ai muscoli, e ciò che ne è consegue uno stato di pace mentale.

Il Pranayama migliora la funzione respiratoria esercitando i muscoli della respirazione e influenzando i centri respiratori, perciò si acquista la capacità di respirare in modo più efficiente.

Il Pranayama funziona perché, durante la pratica:

  • Utilizziamo appieno la nostra capacità polmonare, migliorando quindi l’ossigenazione di tutto il corpo a beneficio di ogni singola cellula.
  • Gli organi non ricevono solo ossigeno ma ricevono anche sangue in abbondanza e la loro efficienza viene incrementata.
  • Le variazioni di pressione nella cassa toracica vengono intensificate, e ciò significa una migliore circolazione del sangue tra una cavità e l’altra, perché quando la differenza di pressione è notevole, la circolazione aumenta.
  • I cambiamenti di pressione sollecitano gli organi che  vengono compressi e decompressi migliorandone le funzioni.

Con un po’ di allenamento nella pratica del pranayama, si possono sperimentare pace mentale, riduzione delle tensioni, aumento del senso di benessere, ordine e disciplina del proprio comportamento.

Per questo la pratica delle tecniche di pranayama può potenzialmente apportare miglioramenti ad ogni aspetto della nostra personalità.

Come si respira nel pranayama?

La respirazione è un processo naturale che ci accompagna durante tutto il corso della nostra esistenza:

  • Attraverso l’inspiro, assimiliamo l’ossigeno necessario al mantenimento del corpo.
  • Attraverso l’espiro eliminiamo tossine dannose al corpo, come l’anidride carbonica.

A differenza di altri processi involontari, come ad esempio la digestione, la respirazione è un atto involontario con il quale possiamo in qualche modo interagire; possiamo infatti decidere di respirare in modo più o meno profondo, o addirittura arrestare il respiro per un breve periodo.

Questo succede perché esistono dei centri nervosi che regolano l’attività respiratoria, mandando l’impulso che permette l’inspirazione e l’espirazione. Attraverso altri impulsi cerebrali invece, possiamo parzialmente inibire i processi involontari e decidere quindi come respirare.

Durante la pratica del pranayama, tutti i muscoli del corpo sono rilassati e tutto ciò aiuta a mettere corpo e mente in uno stato di riposo completo e ad eliminare le tensioni mentali, e ha una grande influenza sulle le funzioni fisiologiche.

La cosa interessante è che tutti possono praticare le tecniche di pranayama. Non esiste nessun limite fisico o di età che lo impedisca.

Tao Porchon-Lynch

Solitamente gli esercizi di pranayama si fanno seduti in una posizione meditativa; purtroppo, per molte persone, è difficile riuscire a mantenere questa posizione senza avvertire fastidi o dolori, e quindi compromettere la buona riuscita della pratica.

Per questo, se ti dovesse risultare scomodo metterti in una posizione meditativa, puoi metterti seduto a gambe incrociate, magari utilizzando un blocco o un libro da mettere sotto il sedere per aiutarti a mantenere la schiena diritta senza avvertire fastidi o dolori durante la pratica, o puoi usare dei cuscini da mettere sotto le ginocchia.

Oppure puoi metterti anche su una sedia con le piante dei piedi appoggiate a terra.

(Non come la nostra amica Tao qui affianco, che a 96 anni – siii hai capito bene, 96 anni – è l’insegnate di Yoga più anziana al mondo.)

Cit.

Se hai ancora domande o dubbi su questa meravigliosa disciplina non esitare a contattarci. Ti aspettiamo al nostro incontro fisso del lunedì sera alle 21.00.

Riflessioni:

Su uno dei gruppi che seguo di yoga ho trovato questa bellissima riflessione che mi trova d’accordo in ogni sua parola, la condivido con voi. Grazie all’autore.

Se mi dovessero chiedere i requisiti che personalmente ritengo prioritari in un insegnante di #yoga risponderei: il sorriso, l’empatia e la leggerezza.
Osservando nel tempo ho avuto modo di notare che spesso ci si prende troppo sul serio, si scherza poco; insomma si è troppo autoreferenziali.
Questo non vuol dire che impartendo lezioni di yoga – asana, pranayama e meditazione – si possano trascendere la messa in sicurezza o i significati pregnanti di tradizioni, testi e scuole di pensiero; al contrario, si potrebbe trovare una modalità di divulgazione dello yoga che sia consona all’interlocutore, al praticante, senza farlo sentire impegnato ad un traguardo, all’altezza.
Voglio dire: Margherita Hack ci raccontava l’astrofisica come se spiegasse ai bambini, ecco; Margherita Hack, ripeto.
Io credo che mettere a proprio agio il praticante, con leggerezza e accoglimento privo di aspettativa, motivi in lui una buona probabilità di avvicinarsi allo yoga, senza l’identificazione in un ruolo che preveda l’osservazione acritica di un maestro, di un insegnante o di una tipologia di pratica piuttosto che di un’altra.
A tal proposito: una volta vidi in spiaggia uno yogin bravissimo, perfetto nelle asana e nella scioltezza, assorto a guardare il mare mentre praticava, e devo dire che fu una bellissima scena; eppure non rise (sorrise) mai, e se ne andò senza volgere lo sguardo a nessuno dei presenti.
Ed io pensai: .
Ecco, quando riteniamo di avere qualcosa più degli altri, quando ci riteniamo “maestri”, “insegnanti” o “istruttori” che – per il solo fatto di praticare una disciplina peculiare – credono di poter dispensare consigli, suggerimenti o testimonianze di vita inossidabili, io penso dovremmo fare un passo indietro e iniziare nuovamente a praticare l’ascolto e la curiosità umile, ché se pensassi di essere giunto a lievitazioni di natura superiore per qualche nozione appresa e qualche spaccata perfetta, allora davvero dovrei interrogarmi di nuovo sul senso profondo dello yoga, che per il sottoscritto non è certo quello di essere relegato in una proiezione raffigurativa, quanto – al contrario – quello di destrutturarsi dal ruolo stesso e lasciare che il luogo di cui io sono espressione diventi crocevia di incontro, condivisione di esperienza, perfezioni ed imperfezioni di asana, di gioia e osservazione libere, prive di condizionamenti.
Credo che l’insegnamento migliore che io abbia condiviso con i miei praticanti sia stato – nel tempo, occasionalmente – quello del dolore alle mie ginocchia, dei miei abbassamenti di voce, dei miei limiti e delle mie evidenti asimmetrie.
Anche qui: si tende a pensare che la perfezione, che la posizione più difficile e complessa, siano i parametri indiscutibili ed indicativi di qualità e bravura.
Indubbiamente, se pur è vero che lo yogin bravo sia spesso espressione di talento e qualità, è vero anche che – altre volte – l’insegnante non riesca a pieno a rendere empatico il valore intrinseco dello yoga – il magma che scorre sotto, il senso profondo; giuridicamente potremmo dire la causa petendi, ciò in base a cui, ciò per cui – arrestandosi alla riproduzione dogmatica della tecnica esecutiva, forse per timore di fallibilità.
E mi spiego con un esempio: sareste voi propensi a giudicare le abilità di un bravo cantante – o di un cantautore – avendo come parametro esclusivo quello della sua estensione vocale?
Sarebbe giusto e possibile trascendere la vibrazione del suo canto, della sua peculiare timbrica, delle sue imperfezioni espressive, del suo talento innato, delle parole che pronuncia e dell’emozione che esprime?
Quindi, per chiudere questa mia riflessione, diciamoci la verità: quanto siamo disposti ad ammettere di essere ego-riferiti?
E mi chiedo, ancora: quanto – per questo – trascuriamo davvero dello yoga.

Cit.

Lo yoga e la primavera 😍

Lo yoga ci aiuta a salutare questa nuova stagione tanto attesa dopo un lungo e freddo e grazie alla pratica, siamo così pronte per Primavera!

  • Pratica yoga all’aria aperta, in mezzo alla natura o in riva al lago.
  • non dimenticarti mai di sorridere mentre pratichi. Lo yoga non è un obbligo ma un piacere. Lo yoga ti aiuta a ritrovare il tuo benessere giorno dopo giorno.
  • tieni sempre sotto controllo il respiro,
  • concediti il meritato rilassamento finale.

La Primavera è il periodo perfetto per migliorare l’umore e la fiducia in se stessi: sii regolare nella pratica e gradualmente aumenta il numero dei respiri in ogni posizione. Ascolta il tuo corpo e prenditi il tuo tempo e porta pazienza se le posizioni non ti vengono subito alla perfezione. Si migliora solo con la pratica e la costanza quotidiana. Ricordati sempre di sorridere e di essere positiva! Ti è venuta voglia di provare? Vuoi una lezione guidata?contattaci